PC al DNA
DNA al posto del silicio
Reazioni biologiche nei computer del futuro
Sono passati da poco i tre anni dal primo annuncio di un calcolatore 100 mila volte più veloce di tutti i suoi concorrenti: un computer, opera di ricercatori israeliani dell’istituto scientifico Weizmann (per la precisione Yaakov Benenson, Rivka Adar, Tamar Paz-Elizur, Zvi Livneh ed Ehud Shapiro), in grado di eseguire la strabiliante cifra di 66 mila miliardi di operazioni al secondo. Eppure la nostra vita (quella informatica) di tutti i giorni non è affatto cambiata.
La ragione è che lo sviluppo di elaboratori basati su qualcosa di diverso dall’elettronica è ancora un settore di ricerca avanzata e dovrà passare molto tempo prima che queste conquiste raggiungano la nostra scrivania. Ciò nondimeno, gli ostacoli di base sono stati superati e, per quanto possa essere lungo, è solo questione di tempo.
Il computer israeliano non è convenzionale ma funziona su base chimica, e precisamente grazie a molecole di DNA, l’acido desossiribonucleico che costituisce la microscopica doppia elica racchiusa in tutte le nostre cellule. I computer tradizionali, invece, si basano sull’elettronica. Ogni secondo miliardi di transistor ricevono minuscoli impulsi di corrente che, passando attraverso ciascun transistor, risultano nell’assenza o nella presenza di corrente, interpretata come uno 0 oppure un 1 nel linguaggio dei bit. I vantaggi li abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Gli svantaggi pure, in forma di consumo energetico e nella crescente impossibilità di imprimere ulteriori spinte significative alla tecnologia. Usciranno ancora e a lungo microprocessori più potenti di quelli attuali, ma non certo un milione di volte più potenti, come le CPU di oggi sono rispetto a quelle dei primi Anni Settanta. Ecco le ragioni della ricerca di tecnologie alternative, come il computer a DNA. Gli studiosi israeliani hanno esattamente messo a punto un meccanismo basato su molecole di DNA ed enzimi, proprio come avviene nel corpo umano.
DNA per l’alimentazione e come software
L’idea di impiegare il DNA per memorizzare ed elaborare l’informazione data addirittura al 1994, quando si riuscì per la prima volta, in California, a risolvere per via biochimica un problema aritmetico elementare. Negli anni si sono susseguiti altri tentativi, per esempio il lavoro di Leonard Adleman, dell’ Università della California, che è arrivato a mostrare la possibilità di risolvere, usando il DNA, un problema a 20 variabili, in cui scegliere quella giusta tra 1.048.576 possibili soluzioni. Tuttavia le soluzioni proposte si sono rivelate sempre macchinose e relativamente costose dal punto di vista energetico. In Israele si è compiuto un passo decisivo abbandonando l’uso come fonte di energia della molecola ATP, o adenosintrifosfato, in favore del DNA stesso. È proprio la molecola fornita in input per il «calcolo» che fornisce l’alimentazione per eseguirlo. Gli altri ingredienti della reazione sono una seconda molecola di DNA, che costituisce il «software», e un enzima denominato Fok I. Partendo dalla pagina Web relativa (http://www.weizmann.ac.il/mathusers/lbn/new_pages/Pree_Room.html) è possibile vedere un’animazione esplicativa della reazione.
Minuscolo, economico, veloce ed ecologico
I vantaggi potenziali di un calcolatore a DNA sono immensi. Una singola goccia d’acqua, dall’ingombro trascurabile, ospita 1.000 miliardi di... come dire?... «transistor biologici». I requisiti energetici sono infimi rispetto a quelli di un personal computer odierno, a fronte di una capacità di calcolo vertiginosamente più elevata. Il calcolatore a DNA dispone soprattutto in modo nativo, spontaneo e perfetto del parallelismo, che è la capacità di svolgere più operazioni indipendenti in contemporanea.
Una singola goccia d’acqua, dall’ingombro trascurabile, ospita 1.000 miliardi di «transistor biologici Agli occhi di un lento essere umano sembra che i computer lavorino già in questo modo, ma non è vero: i microprocessori possono eseguire una sola operazione per volta, anche se nell’arco di un miliardesimo di secondo. Un ultimo vantaggio è il rispetto dell’ambiente. Ovviamente non ci possono essere dubbi sulla biodegradabilità di una molecola posseduta da qualunque organismo vivente sulla Terra.
Una generazione intermedia di computer ibridi
Prima o poi si arriverà davvero al computer biologico, però non sarà prestissimo. Prima occorre risolvere i problemi che ne limitano profondamente il raggio d’azione. Per fare due esempi tipici dei mattoni fondamentali della programmazione, la reazione a DNA può dire se una lista di 0 e di 1 contiene un numero pari di 1, ma non può contarne il numero. Inoltre sa rispondere «Sì» o «No», ma non eseguire azioni più complesse, per esempio correggere l’ortografia di una parola. Tuttavia, potendo rispondere «Sì» o «No» a miliardi
» di domande contemporaneamente, la sua utilità possibile è fuori discussione. Per questo alcuni esperti prevedono l’avvento di una generazione intermedia di computer ibridi, nei quali un coprocessore biologico affianca quello elettronico e ognuno svolge il compito che gli è più congeniale. Se la sperimentazione proseguirà con successo potremmo anche assistere alla nascita di straordinari nanocomputer per scopi medici, fatti di DNA, che pattugliano il corpo umano alla ricerca di malfunzionamenti a livello cellulare e, sulla base del proprio archivio di conoscenze, sintetizzano ed erogano sul posto la giusta quantità del composto chimico adeguato.
Primo passo: giocare a Tris
Nel frattempo i progressi, per quanto lentamente, si fanno sentire. Milan Stojanovic, docente della Columbia University, e Darko Stefanovic, dell’ Università del New Mexico, hanno messo a punto un dispositivo a base di DNA chiamato Maya, in grado di giocare al classico Tris contro un essere umano. La scelta del gioco è di- pesa dal fatto che le regole sono piuttosto semplici da programmare e che il primo giocatore, se muove senza errori, non può mai perdere e dunque è facile controllare l’efficacia delle sue strategie. Inoltre il Tris è la scelta tipica del programmatore quando ha bisogno di un software semplice per collaudare un computer. Sembra assurdo tanto dispendio di tecnologia e ingegno per giocare a Tris? Dipende. Per ora il calcolatore a DNA è materiale da Guinness dei Primati o poco più. Ma l’ Edsac del 1949, primo calcolatore elettronico a memorizzare programmi in via permanente, installato presso l’ Università di Cambridge, immagazzinò come primo gioco elettronico della storia esattamente il Tris. Da lì è iniziata la rivoluzione del silicio. E questo potrebbe essere il momento della rivoluzione del DNA.
Consulenza scientifica di Marco Cagnotti
Corriere del Ticino 13/05/06
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